venerdì 1 agosto 2014

UZUMAKI - A. Higuchinsky, 2000

Una tranquilla cittadina viene colpita da una strana maledizione legata al simbolo della spirale. Gli abitanti, ossessionati dalla misteriosa raffigurazione, saranno in balìa della follia e andranno incontro ad atroci ed inspiegabili morti.

J-Horror sconosciuto ai più che prende la distanze dai classici film orientali incentrati sul tema del paranormale, per abbracciare il filone weird dalla tinte orrorifiche. Il Giappone, si sa, quando ci propina opere del genere, lo fa in tutta la sua geniale stranezza, dando vita talvolta a prodotti contorti e spesso incomprensibili.  Non è il caso di “Uzumaki”:  l’aspetto weird del film è riscontrabile nella forma quanto nella sostanza, mantenendo così quell’equilibrio fondamentale che rende la storia logica nella sua essenziale illogicità di fondo.  La pellicola è liberamente ispirata all’omonimo manga di Junji Ito e, poiché è stata girata prima che la serie di fumetti fosse conclusa, ha un epilogo diverso.  Il titolo, che tradotto significa “vortice”, non poteva essere più esplicativo:  la spirale, antico simbolo esoterico pregno di significati oscuri e misteriosi, annulla la volontà umana e cattura ogni barlume di lucidità, contagiando in maniera ossessiva ed incontrollabile tutti gli abitanti del paese.
Anche la giovane protagonista, seppur di riflesso, subirà il fascino maledetto della spirale, e vivrà tutta una serie di situazioni assurde da cui sarà impossibile uscire mantenendo integra la sanità mentale.  Gli eventi  si succedono in modo burrascoso,  in uno scenario surreale, inquietante e catastrofico,  fino a sfociare in un “vortice” di pura e terrificante follia.  Ambizioso e brillantemente riuscito l’intento del regista di realizzare una trasposizione cinematografica del manga quanto più fedele possibile. La fotografia  fumettistica, infatti, si impone pesantemente, con i suoi colori che virano
al verdognolo, ricreando un’atmosfera visionaria e bizzarra. Bizzarri sono anche i modi in cui la spirale si manifesta: nelle nuvole del cielo, nella ciotola della minestra, nei capelli che si arricciano, nelle persone che si contorcono e così via. Higuchinsky gioca molto su questo aspetto, inserendo più di una scena dove solo lo spettatore più attento sarà in grado di cogliere l’affascinante simbolo, che, man mano che i minuti scorrono, prenderà sempre più il sopravvento. Un’opera criptica, psichedelica ed inquietante al punto giusto, consigliata a chi ha voglia di vedere qualcosa di diverso e particolare.  Effetti collaterali: dopo la visione è probabile che vedrete spirali dappertutto!